Sono giorni concitati nel mondo del food e non solo: il famosissimo chef messicano Edgar Nunez (tranquilli, quando abbiamo letto il nome abbiamo detto, si ma chi cazzo è questo?) si è rifiutato di accettare l’invito della famosa influencer Manuela Gutièrrez che chiedeva di essere ospitata in cambio di pubblicità.
“Sono i soliti scrocconi” tuona lo chef….
Arriva anche il noto Francesco Facchinetti che, oltre a “porta in alto la mano segui il tuo capitano” e gli schiaffi presi da Conor McGregor, di lui si ricorda poco altro, esordendo con un interessante video su Tik Tok: “ ha fatto bene!! Spendete questi soldi! Io non ho mai chiesto nulla”.
In fondo ha ragione. D’altronde si sa, essere influencer significa essere considerati, di base, degli sfigati: “questi non fanno un cazzo”, “cosa ci vuole a farlo?”.
Vero, ma intanto tu non l’hai fatto;
è altrettanto vero però, che ultimamente, tra gli influencer, è diventato di moda intasare i DM di brand, ristoranti, attività ecc. millantandosi venditori e divulgatori di pubblicità al grido “ ti do visibilità, solo se tu mi offri la cena”.
E’ una moda di merda lo sappiamo. E fa schifo.
Perché se Dj Francesco una cosa giusta la dice è “tirate fuori il grano, pagate se vi interessa una cosa”, che noi vogliamo e proviamo tutti i giorni a tradurre in:
“ragazzi il lavoro ha un valore!”.
Eggià, quindi oltre ad essere sfigati, gli influencer son pure scrocconi, sono la categoria peggiore (che viene subito prima di quelli che mettono l’ananas sulla pizza); eppure siamo i primi a seguirli, ad imitarli ed a conformarci a loro….ma come è possibile allora tanta incoerenza?
Tutti ci sentiamo un po’ influencer e, sotto sotto, tutti lo vorremmo essere (c’è chi la pensa cosi, e chi mente, poi ci sono quelli che non hanno Instagram, ma per loro c’è un girone dell’inferno a parte)
Bisogna accettare la dura e cruda realtà del mondo in cui viviamo: la comunicazione è cambiata.
Si, perché siamo passati dalla carta, alla televisione, dall’internet al telefono, dai blog ai social e questa tendenza sembra non arrestarsi. Con un semplice movimento delle mani ed un’espressione buffa puoi influenzare il comportamento di migliaia di persone in tutto in mondo, Khaby Lame ne è l’esempio lampante; questo è il nuovo modo, per tanti, di farsi pubblicità.
Ah la pubblicità, tutti la vogliono. (e pagarla il meno possibile)
Comunicare in modo efficace, in un mondo dove i social hanno dato la parola a tutti, è diventato sempre più difficile;
devi emergere tra tanti come te, tanti che vendono un prodotto o un servizio come il tuo.
Anche il mondo della ristorazione, per comunicare la propria idea di cucina, ha bisogno di far evolvere la propria idea di comunicazione.
“Qual è il modo migliore per farmi pubblicità?”
Ma è ovvio, devo chiamare il mio piccolo o grande influencer di quartiere, che è vero che la pubblicità teoricamente la dovrei pagare ma lui è un influencer e alla fine quello che fa lui lo potevo fare anche io….
Ok lo chiamo, ma non lo posso pagare dai….pagare un influencer per farmi pubblicità è una follia…
Cazzo pago un influencer seriamente?” no vabbe sono uno sfigato dai…
Ho un’idea!!!! gli offro il mio prodotto. Sicuro accetterà dai!!
Aspetta… ma perché chiamarne uno quando posso chiamarli tutti?
Adesso faccio un bel messaggino “copia e incolla” e lo spammo nei loro DM (direct message), tanto accettano sicuro…
Una cosa è certa, non gli do un euro e bella grazia se gli regalo il mio prodotto!!”
Torniamo a noi. Torniamo al fantastico mondo della ristorazione. Quello che avete appena letto è quello che accade molto spesso quando si parla di influencer del food.
Questo è il modus operandi di molti, alla ricerca di pubblicità gratuita.
Ma, da che mondo e mondo, la pubblicità è un servizio e quindi va pagato.
Stiamo facendo però un grande errore, non ve ne siete accorti?
Si perché cosi stiamo facendo di tutta un’erba un fascio.
Perché, se è vero che tanti ristoranti non hanno voglia di valorizzare il lavoro di un influencer e pretendono di farlo offrendo una cena (quindi stiamo tornando al punto di partenza a parti invertite non credete?), ce ne sono tanti che sanno valorizzare il lavoro di influencer con la “I” maiuscola, che hanno davvero quella “influenza” che si ricollega alla sintassi della parola.
Perché di questo nessuno parla, non è un concetto social quello di valorizzare il lavoro di qualcuno che di base lo fa per crearsi e fidelizzare la propria community.
E no, non vogliamo nemmeno fare di tutta un’erba un fascio dicendo che tutti i ristoratori sono alla ricerca di pubblicità gratuita, perché faremmo un errore madornale, ma soprattutto ingiusto verso chi, invece, tratta il proprio ristorante in una maniera meno artigianale e più aziendale, dando un valore a quello che possiamo racchiudere nella categoria marketing e comunicazione.
Però, per favore, tutti voi, che ogni giorno scaricate le vostre frustrazioni quotidiane contro chi con i social ci lavora, non fate un pot-pourri su tutto questo mondo perché se no ci girano le palle.
Che sia più facile addossare la colpa agli influencer, come gli scrocconi di turno ci va bene, ma non facciamo passare come degli eroi l’altra parte che, a volte, di eroico ha ben poco.
Gli influencer non sono sicuramente quello che meritate, ma solo quello di cui avete bisogno (la citazione di un Batman foodblogger vi mancava eh?).
Quindi, se è vero che i food influencer sono degli sfigati scrocconi, è anche vero che, in parte, li avete creati voi ristoratori.